I 4 pilastri della didattica musicale

Ciao a tutti,

Oggi vorrei condividere con tutti voi quelli che sono alcuni punti fondamentali che credo di essere riuscito a sintetizzare dopo anni di esperienza.

In parte derivano da quello che ho ascoltato dai miei insegnanti, in parte da quello che ho osservato personalmente, in parte da quelle che sono le mie convinzioni ideologiche.

Prendete tutto come il mio punto di vista personale, e non esitate a commentare o criticare ciò che non condividete. Sarà un’occasione di confronto interessantissima

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IMPARARE…SENZA STUDIARE

Il problema che abbiamo spesso come insegnanti e che ci dimentichiamo come abbiamo fatto ad apprendere. Il nostro percorso come discenti è partito dalla curiosità, proseguito con l’osservazione, migliorato con l’imitazione ed infine ha acquisito una forma organizzata e ben strutturata nella nostra testa.

Una volta raggiunta questa formalizzazione ci siamo convinti che quella sia la vera essenza dell’apprendimento e dunque ci immaginiamo di trasferirla con questa stessa articolata e progressiva strutturazione direttamente ai nostri bambini.

La realtà è che l’apprendimento delle cose che ci piacciono procede secondo sentieri molto meno chiari, attraverso connessioni apparentemente casuali ed in momenti non necessariamente concatenati tra loro.

Come abbiamo imparato a cucinare? come abbiamo imparato a parlare? Come abbiamo imparato a raccontare barzellette? Attraverso tentativi ed imitazioni, sospinti dalla curiosità e dalla soddisfazione che provavamo ogni qualvolta avevamo successo.

In questo modo credo sia necessario insegnare anche la musica, dimenticando le regole e la loro formalizzazione ma partendo dal far nascere nei bambini la curiosità ed il desiderio di apprendere, dopodiché saranno essi stessi a chiederci di continuare.

Il maestro non è colui che mostra come si suona il DO o il RE, bensì colui che fa nascere i bambini il desiderio di apprendere il Do e il RE. Una volta nato questo desiderio, la strada sarà in discesa, e saranno i bambini stessi a chiederci di saperne di più.

IMPARARE…E’ UN GIOCO!

Per questo motivo solitamente inizio le mie lezioni con una performance di quello che dovremmo eseguire alla fine del percorso, così da far nascere nei bambini Il desiderio abbastanza forte da giustificare poi lo sforzo di arrivare fino in cima; viceversa proponendo di percorrere gli scalini uno dopo l’altro senza sapere dove stiamo andando rischieremmo di far perdere presto la motivazione.

Entrate in classe cantando, suonando, danzando. I bambini resteranno a bocca aperta. I più grandicelli forse rideranno, ma di sicuro li avrete stupiti!

Altre volte invece iniziamo la lezione con il racconto di una storia, di una favola, che proietta i bambini nel mondo della fantasia e giustifica ogni successiva azione musicale all’interno di un contesto narrativo.

La dimensione ludica è essenziale, dà ai bambini uno stimolo fortissimo a proseguire l’attività ed una sana dose di competizione aumenta il grado di coinvolgimento anche dei più oppositivi.

Molto spesso propongo attività a squadre, sotto forma di gare a chi suona meglio, che finiscono sempre inevitabilmente in pareggio per mantenere la pace in classe.

IMPARARE…LIBERAMENTE

La lezione di musica pure inserita in un contesto scolastico viene vissuta da molti bambini come un momento di rottura della routine

Pur cercando di mantenere la disciplina con delle regole ben marcate, cerco di ricordarmi sempre che il primo motivo per il quale piace la musica ai bambini è che li diverte, dunque anche la lezione dovrà essere vissuta come tale.

Cerchiamo di evitare di fare lezione al banco davanti alla lavagna, se non abbiamo una stanza adibita alla musica possiamo aprire i banchi e creare uno spazio all’interno della classe, spazio nel quale potremmo sederci per terra in cerchio, liberandoci per un attimo delle strutture consuete, pur mantenendo ben chiaro le regole senza le quali il gioco non può proseguire.

IMPARARE…QUANDO NE HO VOGLIA

Infine una pratica che applico da diversi anni nelle lezioni di strumento è quella di non assegnare compiti.

Si, avete capito bene!

La musica deve essere un piacere, prendere lo strumento in mano al di fuori dell’orario relazione deve essere un desiderio spontaneo e non un’imposizione.

Molti bambini fanno già fatica con i compiti scolastici, se anche lo studio della musica diventa un impegno da onorare si rischia di far perdere presto l’entusiasmo. Inoltre la gestione dei compiti grava quasi sempre sui genitori, estendendo la frustrazione a tutta la famiglia.

In questo senso consideriamo l’ora di musica al pari di quella dello sport: tutto il lavoro da fare si fa insieme al maestro e poi ciò che il bambino desidera fare da solo sta alla sua libertà e al suo desiderio.

Una volta nato in lui questo desiderio possiamo cominciare a dargli delle indicazioni, ma io preferisco non chiamarle mai compiti bensì consigli.

CONCLUSIONE

In questo articolo non intendevo dare delle indicazioni specifiche di percorsi o attività, rivolte all’una od all’altra età, bensì fissare i capisaldi del pensiero didattico musicale che io e molti altri insegnanti come me applicano con i bambini.

Se ti ritrovi con quello che ho scritto, allora capirai il perchè delle mie scelte, e dei contenuti che pubblicherò prossimamente.

Se invece non condividi qualcosa, ti invito a farmelo sapere, perchè il confronto è sempre arricchente.

Grazie, alla prossima!

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